AURORA FERRER – Night oracles and falling stars

Mi è capitato di pensare a lungo su come avrei potuto o dovuto battezzare questo nuovo spazio dedicato alla musica e dopo aver analizzato e scartato diverse idee, la soluzione si è parata davanti al naso o forse, dovrei dire, presentata alle orecchie quando mi sono imbattuto per puro caso in una piccola serie di album di recente pubblicazione. Sono estremamente selettivo, e solo difficilmente riesco a trovare proposte musicali che attirino la mia attenzione. Ogni tanto, però, capita di imbattersi in qualcosa che colpisce fin da subito. E’ stato il caso di “Night oracles and falling stars”.
Autrice di questo piccolo gioiello è Aurora Ferrer, una musicista al suo primo lavoro da solista, della quale poco o nulla di biografico si conosce. Questa cosa mi ha suscitato curiosità: in un panorama colmo di pseudo-artisti in erba che hanno la presunzione di compilare gonfie biografie, nelle quali la partecipazione al festival della porchetta del quartiere viene elevata a un intervento a Woodstock, pareva strano che di una artista così talentuosa fosse oltremodo difficile reperire informazioni. Tanto più che alla richiesta inviatale via mail di indicarmi un sito o una pagina biografica che la riguardasse, Aurora mi rispondeva col candore di chi è alle primissime armi che “tale pagina non esiste” e chiedeva, a sua volta, cosa volessi sapere.
Un atteggiamento del tutto inatteso, di chi pur muovendosi nel mondo della musica, non appare interessata a fama, fortuna e gloria come nella stragrande maggioranza dei casi. Inatteso inoltre poiché, venendo dall’ascolto dell’album, mi attendevo certamente una risposta più smaliziata e pronta a tali richieste di routine. Tutto ciò ha colpito la mia empatia, che da sempre apprezza la mite spontaneità, rifuggendo dai tanti boriosi e pieni di sé, di cui, ahimé, il mondo dello spettacolo trabocca.
Dopo un breve scambio di mail, scoprivo che la nostra protagonista è di origine catalana, ma risiede attualmente in Germania. Fin da bambina ha studiato teoria musicale classica e violino, per poi intraprendere quelli di canto moderno e jazz prima al Taller de Músics de Barcelon, quindi all’Escola Superior de Música de Catalunya per scoprire di non essere una musicista jazz (parole sue). Le sue esperienze precedenti in gruppi musicali riguardano soprattutto l’ambito hard rock, fusion, prog rock, che, per diversi motivi, non hanno avuto il seguito sperato. Successivamente, dal suo incessante sperimentare e ricercare, si è concretizzato il progetto solista.
Se dal lato “comunicativo” Aurora può apparire candidamente inesperta, da quello musicale è il perfetto contrario, dimostrando di aver formato una personalità strutturata e consapevole!
“Night Oracles and falling stars”, titolo dell’album d’esordio, è ben articolato e al primo ascolto dà subito sfoggio di sé per l’accuratezza dei sofisticati arrangiamenti e per le sonorità decise ed eleganti.
L’album scorre ben equilibrato, mai flemmatico, mai incerto, tutti i nove brani cantati in lingua inglese,composti, suonati e/o programmati dalla Ferrer, autrice anche dei testi, della copertina, un dipinto astratto con tinte che ben si sposano al contenuto musicale: dai colori luminosi come lo sono la sua voce ed alcuni suoni limpidi utilizzati, a quelli scuri e tenui a richiamo delle atmosfere più intime, sommesse, evocative.
L’originalità musicale dell’opera è indiscutibile. Ci si trova a nuotare dentro a sonorità con molte influenze, senza una necessaria prevalenza dell’una sull’altra. Vengono equamente miscelate componenti prettamente rock con atmosfere elettroniche, ritmiche elaborate con sonorità elettro-acustiche, momenti morbidi ed accomodanti con sferzate roccheggianti mai sguaiate che richiamano un certo metal non troppo aggressivo. Dell’album, si consiglia l’ascolto notturno, quando l’assenza di rumori esterni, ne fa emergere al meglio tutti i ricami sonori contenuti.
Vocalmente la Ferrer è malleabile, si muove con maestria strabiliante tra fasi cupe e “solitarie” fino a quelle più squillanti. L’intonazione è sempre perfetta e le frequenti note acute non hanno mai esitazione alcuna, dimostrando grande preparazione tecnica. Molto utilizzati sono gli effetti digitali sulla voce che ne cambiano spesso il carattere, adattandola al contesto sonoro.
Sofisticato ed elaborato, come si diceva, e l’autrice dimostra di avere le idee chiare anche nell’assetto compositivo musicale, dove l’utilizzo di tastiere, synth, basi elettroniche è sempre all’altezza della situazione, senza cali di stile o incertezze. Gli arrangiamenti sono ben strutturati ed il risultato viene presentato in una produzione curatissima di stampo professionale.
Dunque, come collocare questo album pieno di piccole gemme? Personalmante ho una convinta idiosincrasia per la categorizzazione a tutti i costi. Il confinamento di una canzone, un album o un artista all’interno di un dato genere è operazione pericolosa troppo in voga di questi tempi. E’ sconfortante, ottusa e molto “dolorosa”. Porta il pensiero all’immobilità, tende a sminuire, frustrare ed annientare tutte quelle influenze, quelle esplorazioni stilistiche, le inteferenze di generi differenti, quelle sfumature che in album come quello in oggetto rappresentano la vera ricchezza, caratterizzandolo proprio per la capacità di contenere tante componenti, atmosfere e colori diversi.
Tuttavia, per venire incontro a questa dovuta (?) esigenza, come precedentemente analizzato si può dire che qui ci si muove fluidamente tra ambiti di avant-garde, hard rock, elettronica, sperimentale e pop di quello buono. Ne sono esempi la rocciosa Divide and conquer, pervasa da sonorità marcate e decise, o Lights out, brano con una lunga intro dai toni misteriosi e onirici che conclude l’album con una forte componente elettronica, od ancora The game che, a coloro che come me hanno giocato da giovani con l’Amiga 500, richiamerà il suono familiare dei vecchi videogiochi piratati. Ma sono solo indicazioni di massima, perché le numerose influenze permeano l’album nella sua interezza.
Bravissima dunque Aurora Ferrer per questa sua prima esaltante produzione che pur presenta qualche piccolo disaccordo. Infatti ascoltando l’opera nella sua interezza, appare udibile che l’incedere dei singoli brani presenta una struttura un po’ ripetitiva, come le stesse parti melodiche che tendono, nel complesso, a riproporsi.
Analizzando ciò che riguarda la sezione ritmica, va riconosciuto che la solidità dei vari brani è merito di un complesso ritmico elaborato con l’ausilio della drum machine, con una scelta molto valida dei vari sample acustici ed elettronici, ma che a tratti si perde in qualche soluzione un po’ ingenua che tende ad appesantire, complice forse l’assenza di un autentico batterista di ruolo.
Appunto simile ai precedenti può farsi alle melodie vocali: la Ferrer è abilissima nell’uso della voce, ma forse presa dall’entusiasmo, tende a spingere troppo nel modulare note alte e lunghe. Brava, ma nel tempo, rischia di diventare stucchevole. Qualche “accelerazione” in meno avrebbe probabilmente ammorbidito e smussato qualche spigolo.
Si tratta di appunti che nulla tolgono ad un album davvero convincente, che mostra già alla prima uscita una maturità creativa e stilistica invidiabile e ammirevole. Si dice che “chi fa da sé fa per tre”. E’ vero. Ma se l’approccio solistico risolve molti problemi pratici, ne presenta altri. In questo caso, l’assenza del contradditorio e degli apporti di più musicisti di ruolo, fa sì che alcune soluzioni provenienti dalla stessa fonte, senza filtri né mediazione, alla lunga si ripropongano in schemi ripetitivi.
In conclusione ci troviamo al cospetto di un album coinvolgente che, al netto di qualche difetto, ha la capacità di catturare l’ascolto, è dotato di propria personalità, realizzato da un’artista di carattere che ha saputo costruire e gestire, da sola, tutte le numerose componenti di un’opera prima di tutto rispetto. Davvero notevole.
Andrea Ghezzi – Musical Box © 2020 – Music-Alive
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