Daniel Bassani: quando la musica non vuole avere confini

Artista argentino di origini italiane, cantante, polistrumentista e attore, Daniel Bassani è l’incarnazione artistica del famoso modo di dire “uomo di mondo”. Nel senso che, come lui stesso dice, ““Ho la profonda intenzione di far conoscere le diverse fusioni musicali che stanno emergendo in vari luoghi del mondo, e in questo modo poter interconnettere, grazie alla musica, i diversi popoli con le loro esperienze e necessità quotidiane …” e questo lo possiamo facilmente constatare ascoltando la sua musica e guardando alle sue esperienze nel campo artistico.

La sua formazione musicale avviene in Argentina, dove studia presso la Escuela de Estudios Musicales, Musical Argentino di Mendoza e, in seguito, prende lezioni di canto lirico a Buenos Aires e di tecnica e interpretazione e di canto leggero a Mendoza. Diventa poi a sua volta Professore di musica nelle scuole di Mendoza e Buenos Aires e insegnante di canto nella Scuola di Commedia Musicale di Valeria Lynch di Mendoza, direttore del Coro del Centro Andaluso della città di Mendoza e temporaneamente vocal coach nel musical “El Cantante de Bodas” a Mendoza. Insegna anche pianoforte e chitarra; ha inoltre organizzato un coro istituzionale e un progetto di danza popolare per le scuole secondarie e ha realizzato diversi laboratori, come Consapevolezza musicale, Danza popolare argentina, Educazione con l’arte, Atti scolastici, Integrazione nella commedia musicale (Fondazione Julio Bocca), Espressione corporea e Metodo di insegnamento musicale di Orff. E’ anche percussionista e suona alcuni strumenti tipici andini.
Ha alle spalle diversi concerti in Argentina, Cile, Spagna e Andorra, sia in veste di cantautore che di interprete, nei quali oltre a cantare suona anche il pianoforte e la chitarra; tra le sue esibizioni migliori ricordiamo anche quelle come cantante corale per il Coro Cantapueblo a Mendoza; cantante nel Corallo Sólo 4; cantante nella Compagnia di Opera Puccini a Buenos Aires.
Ora, perchè “uomo di mondo”? Perchè il suo repertorio comprende brani non solo in spagnolo, ma anche in parecchie altre lingue come francese, inglese e italiano (lingue che parla fluentemente), portoghese, olandese, ungherese, rumeno, finlandese, ebraico, latino e greco. E spazia tra tanti generi e stili diversi: Pop, Lirica, Contemporaneo per adulti, Bolero, Tango, Musica leggera, Musica A Cappella, Musica Classica, Musica Sacra, Musica Celtica e New Age.
Ma Daniel non è solo un musicista: ha studiato teatro a Mendoza e in seguito con l’attrice lnés Estévez a Buenos Aires. E anche in questo ambito è evidente la sua ecletticità artistica, che lo ha portato sia a teatro che al cinema: si è esibito come cantante e attore nelle commedie musicali “Musas, la comedia musical de la historia del arte” e “La Plaza”, poi in opere teatrali come La Bella y La Bestia; Las Preciosas Ridículas (Molière); La Malasangre (Griselda Gambaro); Edipo Rey (Sofocle); ha inoltre recitato nei film “El Secreto de sus Ojos” (miglior film straniero agli Oscar 2010), “Fantasmas de la Noche” e in diversi cortometraggi.
Daniel è stato anche produttore di spot pubblicitari ed editorialista per la radio web Música su Radio Zónica a Buenos Aires.
Attualmente vive in Italia e si sta concentrando principalmente sui concerti live e su masterclass di Canto, Commedia Musicale e Interpretazione.
– D: Qual è il tuo background musicale? Con quali generi e artisti sei cresciuto?
– R: C’è un parallelismo tra ciò che io sono e la musica. Molti anni fa, sebbene io mi sia sempre interessato a diverse culture e lingue, la mia vita musicale era basata su questioni sociali. Il mio repertorio era completamente popolare. Col passare del tempo, sono riuscito a trovare l’altra parte che mi mancava, cioè il desiderio di collegare esperienze popolari con settori della cultura a cui le persone comuni, “il lavoratore medio”, non hanno mai avuto accesso facilmente. Mi è piaciuta questa fusione, quindi l’ho portata anche alla musica. Da lì infatti, anche per quanto riguarda la tecnica vocale, ho deciso di fondere il popolare con l’accademico. In questo percorso ho trovato grandi figure che rappresentavano aspetti simili a quello che stavo cercando: Josh Groban (Stati Uniti); Sarah Brightman, Katherine Jenkins (Regno Unito); Andrea Bocelli, Alessandro Safina (Italia); Il Divo (Stati Uniti, Spagna, Svizzera, Francia); Petra Berger (Paesi Bassi); Tarja Turunen (Finlandia) sono la base ispiratrice della linea musicale che seguo. E più tardi, costruendo il mio repertorio, ho scelto opere musicali di vari autori popolari, lirici, di commedia musicale e di film di diverse nazioni.
– D: Visto il tuo percorso, sembra che tu abbia deciso da molto giovane di fare della musica e dello spettacolo la tua vita e il tuo lavoro. A chi devi questa decisione? C’è un personaggio o una persona a te vicina che è stato/a determinante per questa scelta di vita?
– R: Io ho sempre voluto fare musica. All’età di sei anni, mia nonna mi portava a casa di una sua amica e io suonavo il piano (con un dito e come usciva ovviamente). Ho sempre amato il pianoforte e ho sempre amato cantare. Quando avevo quindici anni ho iniziato a suonare la chitarra in modo da poter accompagnarmi cantando. A casa non c’erano soldi per comprare il pianoforte, bisognava sempre lavorare duro perché la situazione economica non aiutava. Concretamente nessuno mi ha influenzato. La musica era già nei miei geni, o almeno così sembra … Non sono sempre stato in grado di fare della musica un mezzo di sussistenza. Ho sentito sempre l’emozione di essere sui palchi, ma mi sono dedicato anche all’insegnamento nelle scuole superiori. Nell’Argentina di tutti i tempi è sempre stato necessario avere un “lavoro sicuro” e la realtà artistica a volte doveva essere dolorosamente relegata per dare la priorità a mangiare e vestirsi. L’insegnamento è un compito che mi è sempre piaciuto, ma per alcuni periodi ho dovuto rinunciare a delle esibizioni per dare la priorità all’urgenza economica. Sfortunatamente, l’arte non è sempre apprezzata e spesso non è preso in considerazione che un artista ha bisogno di vivere e pagare le bollette e le spese mensili. Comunque, ho sempre cercato di fare delle mie lezioni con i miei studenti esperienze musicali che potessero finalmente portare a delle esibizioni in spettacoli scolastici. Essere sui palchi e inoltre lavorare come vocal coach sono, per me, possibilità di poter condividere esperienze di vita con la gente. E’ un scambio di insegnamento e apprendimento. E’ veramente affascinante…
– D: Tratti tanti generi musicali diversi, sicuramente ognuno di questi a modo suo ti ha arricchito e insegnato qualcosa. In quale ti rispecchi di più? Quale ti dà più soddisfazione?
– R: Di solito amo tutto ciò che canto e in ogni concerto includo opere appartenenti ai diversi stili che tratto e, naturalmente, in diverse lingue. A volte, a causa di circostanze diverse, ho organizzato concerti tematici, come ad esempio un repertorio di commedie musicali o di film. Altre volte ho cantato in alcune celebrazioni liturgiche e ho dovuto preparare un repertorio più ecclesiale. Ma in generale, e sebbene io sia appassionato ai temi delle commedie musicali e dei film, cerco sempre di organizzare concerti con opere di stili diversi. Mi piace poter cantare in un concerto una canzone come CARUSO e dopo THE SHOW MUST GO ON.
– D: Hai cantato brani in tante lingue diverse, anche non proprio “mainstream” come l’olandese e l’ebraico. A cosa è dovuta questa scelta e quale è stata la più difficile per te? Autodidatta o ti sei avvalso dell’aiuto di qualcuno?
– R: Prima di tutto ti dico che sono sempre stato affascinato dalle lingue e dalle loro conformazioni, somiglianze e differenze. Lo spagnolo è la mia lingua madre, ma parlo inglese e francese direi da quasi tutta la vita, e l’italiano già da un po’ di tempo, da quando ho deciso di stabilirmi nell’Italia dei miei predecessori. E continuo a impararlo. Ho incontrato altre lingue per il fatto di aver conosciuto diversi autori e opere musicali. Mi è sempre piaciuto investigare e conoscere sia la musica che le lingue, di solito non mi fermo mai. Sto iniziando a imparare l’olandese, lingua che mi piace molto, e conoscere già l’inglese mi aiuta molto. Canto alcuni brani in due oppure tre lingue (una parte in ogni lingua), e mi piace anche cantare un brano oggi in una lingua e domani in un’altra. Nel mio computer ho cartelle con elementi di ogni lingua. E per quanto riguarda le lingue che non parlo, quando preparo un brano seguo sempre la stessa routine: imparare la pronuncia, conoscere le parole e poi comprendere il senso generale del brano. In questo sono autodidatta e di solito finché non ho ben chiaro il senso di un’opera non mi fermo. D’altra parte, non mi piace leggere i testi di una canzone sul palco, perché voglio comunicare con il pubblico trasmettendo il senso di quello che canto. A volte non è necessario che una persona conosca l’altra lingua, la comunicazione è fatta anche di gesti, atteggiamenti e sguardi. Comunque, quando canto in lingue non convenzionali, di solito spiego brevemente alla gente quello che sto per dire. La lingua più difficile? L’ungherese, perché non assomiglia a nient’altro. Ma è una tra quelle che mi piace di più e il suo suono mi sembra molto dolce. Canto parecchi brani in ungherese.
– D: Hai alle spalle molta esperienza live sia in America Latina che in Europa: ci sono delle caratteristiche che in un continente secondo te mancano rispetto all’altro e che vorresti invece fossero presenti? Qual è l’aspetto migliore del suonare in America Latina e quale quello migliore del suonare in Europa?
– R: La mia esperienza in America Latina è in Argentina e Cile. Da un lato, l’America Latina ha degli aspetti in comune con L’Europa, ma allo stesso tempo ogni Paese ha le sue caratteristiche particolari. Nel caso dell’Argentina c’è una grande somiglianza con l’Italia. Non dimenticare che la maggioranza della popolazione argentina è di origine italiana, e sebbene anche altre nazionalità europee (in particolare Spagna) e asiatiche costituiscano una larga parte della società argentina, l’argentino medio si identifica con la cultura italiana in gesti, parole, cibo ed abitudini in generale. Ecco perché il pubblico italiano e quello argentino sono simili. Tuttavia, dobbiamo evidenziare che l’Argentina è un’altra realtà culturale rispetto all’Italia, con manifestazioni musicali che seguono una tendenza molto marcata in particolare in questo momento. Questo comporta che stili come il mio non possano svilupparsi così tanto lì come in Europa. Per questo motivo preferisco cantare in Europa e lavorare con la mia arte qui, e in particolare in Italia, paese che amo e che ho scelto poiché le mie origini sono italiane.
– D: Per un attore, un’esperienza in un film premiato agli Oscar è una grande ambizione. Cosa puoi raccontarci riguardo El Secreto de sus Ojos? Come è stato lavorare in una grande produzione di quel calibro e vedere i riconoscimenti che ne sono derivati?
– R: “El Secreto de sus Ojos” … Quando convocavano per il casting con il nome “La Pregunta de sus Ojos” (titolo del libro su cui si basa il film) non avrei immaginato che avrebbe avuto tale successo. Vorrei innanzitutto chiarire che il mio ruolo non era importante, ma comunque mi è piaciuto lavorare in una produzione così grande. Ricordo di una giornata in cui stavamo girando che faceva molto freddo e ci voleva molto tempo per realizzare una scena in cui si dovevano coordinare molte cose: un gol che non doveva essere fatto, il tempo dell’elicottero che doveva fare le riprese, ecc.., ma il personale di produzione era molto attento e comprensivo e ci aiutava a sopportare tutto più facilmente. E’ stato davvero un piacere … Juan José Campanella è, a mio parere, uno dei migliori registi argentini. E sia Ricardo Darín che Soledad Villamil, Pablo Rago e Guillermo Francella, tra gli altri, hanno fatto un lavoro memorabile. Tutto è stato fatto con molta professionalità e sono davvero orgoglioso del fatto che un lavoro come questo sia stato riconosciuto con un premio così importante come l’Oscar.
“Credo fermamente che attraverso la cultura abbiamo la meravigliosa possibilità di incontrarci con noi stessi e con gli altri e costruire una società più coerente, giusta e umana … Senza cultura, saremmo lasciati senza essenza, senza ciò che siamo, senza orizzonti, perché vivremmo? … ” – Daniel Bassani
A cura di Francesca “Mirror” Saglia
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