Falchi

“Guardami volare oltre il limite dei miei però, mentre lancio il cuore al di là dell’ostacolo dei tuoi occhi e fingo di ricordarmi come si fa a respirare. Sbattere le braccia non ci farà spuntare di certo le ali, ma se mi tieni per mano fino a domani forse stasera ti insegno a volare; ho lasciato aperta la finestra per fare entrare la primavera mentre le mie dita disegnano traiettorie impossibili per improbabili voli, giocando con il fumo denso delle tue scuse, con la cenere grigia di ciò che resta delle mie piume cadute. Nell’aria si leva il fuoco dei falò e l’odore dei campi: da nord-est, il sole rincorre la notte fuori dal recinto di quest’alba timida, che entra in punta di piedi attraverso le fessure di serrande che sembrano occhi assonnati; nel cielo, contro il giorno che avanza, svetta l’orgoglio del passero che ha imparato a farsi falco. Tra le stesse lenzuola, invece, facciamo il nido io e te, condannati come pappagalli stupidi a ripetere tentativi di volo che non vediamo l’ora di fallire, di nuovo, ancora”.
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