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FREN – Where Do You Want Ghosts to Reside – recensione

Music Alive | Giugno 27, 2020

I FREN sono un quartetto musicale polacco-ucraino, con base nella splendida città di Cracovia, fondati nel 2017 da Oskar Cenkier (piano, mellotron, hammond, synth), Michał Chalota (chitarra), Andrew Shamanov (basso e synth) e Oleksii Fedoriv (batteria). Sono serviti 3 anni per rodare il  sound prima del debutto discografico. Come si legge nella loro biografia, in questo breve tempo hanno avuto anche l’occasione di condividere il palco, in apertura a gruppi affermati come i Caravan, gli Stoned Jesus, i Sonic Dawn e gli Icefish del batterista Virgil Donati.

Dopo  l’esordio, avvenuto nel 2019 con l’EP promozionale “Heavy Matter” (contenente due brani di cui uno in versione live), il 6 marzo 2020 i Fren arrivano alla pubblicazione di “Where Do You Want Ghosts to Reside”, autentico primo album.

L’ascolto è giunto gradito fin dall’inizio: il sound morbido e composto, affine a certi classici del rock a cui sono legato, mi è arrivato familiare ed accogliente, rendendo piacevole il fluire delle note. L’effetto confortante di quando si ritorna a casa dopo essere stati lontani per un lungo viaggio.

Il quartetto, pur presentando componimenti originali, esibisce un impasto sonoro che ricorda molto da vicino i Pink Floyd ed altre sonorità anni ’70, collocandosi a pieno titolo nel rock progressive, con forti tendenze psichedeliche e di space rock.

Come spesso accade, la fase compositiva è avvenuta in sala prove, con la partecipazione corale di tutti i membri: si è partiti da piccoli temi sui quali ognuno ha aggiunto la propria arte. Una coralità sfruttata con abile maturità, a dispetto di un’opera prima: i pezzi non vengono mai compromessi da manie di protagonismo virtuosistico, gli strumenti si spartiscono equamente i propri ambiti sonori, donando un’estetica elegante alla globalità dell’album.

La musica presentata dai Fren è interamente strumentale. Una scelta di stile? In parte è così.

Si legge, in una intervista, della sfida di volersi avvalere di un linguaggio esclusivamente musicale, privo di testo. Ma è anche una scelta obbligata per chi non ha (ancora) incontrato un degno vocalist, al quale affidare il delicatissimo ruolo.

Le tracce (6 in tutto per una durata totale di 44 minuti) sono di media-lunga durata, in linea coi canoni del genere, il cui picco è “Pleonasm”, suite dell’album, che supera i 12 minuti.

“Twin Peaks” apre le danze con la sua spazialità, introducendo in maniera flemmatica l’atmosfera calda e avvolgente che,  a grandi linee, caratterizza un po’ tutto il lavoro. Segue “Surge”, il primo ascolto “impegnativo” in ordine di scaletta (ha una durata di quasi 10 minuti), nel quale  vengono mostrate le unghie per mezzo del Mellotron e di un bel riff di chitarra  in 5/4, che presto si sfasa intrecciandosi splendidamente con gli altri strumenti che dettano il tempo in 4/4. Il brano continua alternando diverse atmosfere intriganti, che possono richiamare alla mente i primi Yes e i Jethro Tull.

Si prosegue con “Gorąca Linia” breve brano “cuscinetto” molto intenso, che dopo una partenza punk, è sostenuto da un ottimo lavoro pianistico, sul quale poggiano le architetture degli altri. Molto bello!

“Pleonasm”, come annunciato, è il brano più lungo e sviluppato. Qui gli sforzi della band si sono concentrati nel compito di confezionare 12 minuti di suite strumentale, sfidando i tempi stretti della concezione musicale moderna. Per riuscire in questa sfida, il quartetto è ricorso a frequenti evoluzioni di atmosfera e di intensità, avvicendando sonorità vicine al jazz con altre rock, ed ha sfruttato la reiterazione del tema melodico portante, di volta in volta modificato nell’armonia.

Seguono “Heavy Matter”, già presente nel loro primo EP, e la mini-suite “Time to take stones away”: altri esempi di come i Fren riescano a servirsi degli stati d’animo diversi, mescolandoli tra loro alla ricerca della giusta sequenza di colori.

L’ascolto del CD scorre bene e senza intoppi. L’assenza di parti vocali quasi non si nota. Tuttavia, in rari casi, se ne sente la mancanza, al punto d’essere sopraffatti dall’impulso di cantare, immaginando o improvvisando qualche linea di canto sopra la musica.

Questo impulso, del tutto istintivo, è frutto di una piccola debolezza del lavoro in oggetto. Lo sviluppo di alcuni segmenti musicali avviene in modo eccessivamente prolisso: questi ostinati vengono reiterati senza il supporto di un climax adeguato, risultando, a volte, un po’ ripetitivi. In questi momenti il vuoto lasciato dalla voce diviene evidente, e l’istinto di colmarlo è forte:  come le vaste praterie assolate invitano alla corsa liberatoria.

Considerato nella globalità, l’esordio dei Fren è positivo. I brani disegnano deliziosi paesaggi sonori,  strutturati e suonati bene. L’opera intera è dotata di coerenza e, terminato l’ascolto fa venire voglia di ricominciarlo.

Target immediato è certamente il mondo degli appassionati dei grandi classici del rock, quelli che non tramontano mai. Come detto, però, i rimandi a questi colossi sono oltremodo marcati e il rischio di cadere dalle influenze alla citazione, e dalla citazione all’imitazione è alto… Ma la strada è quella giusta, il gruppo è di fresca formazione, ed ha il tempo e le capacità per affinare lo stile, e definire meglio la propria identità.

“Where do you want ghosts to reside” è disponibile in digitale su bandcamp  ed in formato fisico CD, acquistabile dal sito del gruppo.

Andrea GhezziMusical Box © 2020 – Music-Alive

Pubblicato da Music Alive

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