menu Home chevron_right
Articoli, Recensioni ed Eventi. Ecco tutto quello che sta succedendo...

I Viaggi di Madeleine – recensione

mattia | Luglio 7, 2020

I Viaggi di Madeleine sono un trio proveniente da Lecce, costituito nel 2015 grazie all’incontro tra Francesco Carella (tastiere, voce, synth), Giuseppe Cascarano (chitarra) e Giuseppe Quarta (batteria). Madeleine, invece, rappresenta il quarto elemento (immaginario, naturalmente), dalla funzione ispiratrice: il gruppo la tratteggia come raffigurazione dell’anima adolescente dentro ognuno di noi, che mantiene intatte l’innocenza, l’ingenuità e la purezza, resistendo alle influenze negative e contaminanti del mondo reale. In tal senso, ricorda il “fanciullino” di Pascoliana memoria.

La scaletta del primo album omonimo è il risultato di 4 anni passati tra studio e palcoscenico.

Molteplici i riferimenti, dalla musica sperimentale all’hard rock, con una speciale predilezione per il rock progressivo di matrice italiana (Le Orme, PFM, BMS, Goblin, ecc) ed internazionale (Genesis, King Crimson, Pink Floyd, Muse, Porcupine Tree).

Il CD, pubblicato nel 2019, ha una conformazione di natura (quasi) teatrale: 10 tracce sonore, delle quali 5 molto brevi, a scopo introduttivo dei brani veri e propri, con voci narranti. Le altre 5 sono composizioni dalla durata variabile da 8 a 12 minuti circa. Tale configurazione, sommata ai contenuti testuali delle canzoni, fanno de “I viaggi di Madeleine” un vero e proprio concept album che vuole narrare la realtà dei nostri tempi, utilizzando metaforicamente sonorità che disegnino mondi surreali e onirici. Le storie raccontate sono crude, distopiche, a tratti grottesche, ma contengono una “oscura luminosità” con sprazzi di luce, di speranza e di salvezza umana. Aiutandomi per mezzo di una rappresentazione visiva, alcune atmosfere richiamano alla mente quelle mostruose e fiabesche caratterizzanti il film di Guillermo del Toro “Il labirinto del fauno”.

 A livello musicale, il messaggio del gruppo viene tradotto in maniera coerente. I momenti di oscurità sono accompagnati da serrati giochi di intrecci tra tastiera e chitarra, e i rari momenti vocali appaiono incastonati fluidamente in queste costruzioni armoniche. Non mancano, però,  i passaggi liberatori “salvifici”, che poggiano su scelte sonore più aperte e meno dense.

Il risultato finale resta fortemente ancorato al gusto e allo stile degli anni ’70, riuscendo a svincolarsi, di quando in quando, grazie a trovate dal sapore più  moderno.

Venendo al menù del disco, si inizia con “Kamaloka” che ha il compito di introdurre il senso critico di tensione e  disagio, presente un po’ in tutto il lavoro. Questa incombenza viene svolta con successo, grazie ad azzeccate scelte sonore (ad esempio l’uso del detune sulle tastiere) e progressioni armoniche adeguate. Anche il testo è funzionale allo scopo. Basti riportarne alcuni stralci per meglio afferrare il contesto: “Sangue vivo da succhiare alle anime innocenti perdute nel sottosuolo… Demoni e streghe grondano per le strade ricche di potere… divorano materia e ingoiano linfe comuni e rigurgitano male…”!

Più distesa l’introduzione di “Contrappunti d’autunno”, una tranquillità che muta presto in irrequietezza grazie all’intervento di ritmiche sempre più serrate e l’utilizzo di squisite dissonanze.

In “Gods of distant worlds”, l’inquietudine suggerita da un inizio psichedelico trova soluzione nel bellissimo riff chitarristico che regge il tema principale del brano. L’intera suite richiama alla mente lo stile dei Black Sabbath di  Ozzy Osbourne. Un bel brano la cui evoluzione e la costruzione degli arrangiamenti ne fanno la mia preferita.

Il CD continua con “Il viaggio”, articolato su lunghe sezioni  strumentali con alternanze solistiche rimpallate tra tastiera e chitarra un po’ prolisse che lo rendono troppo ridondante e datato.

La chiusura è affidata a “Mendicante”, in cui viene definito un piacevole paesaggio sonoro suddiviso in 7 atti, alternando la psichedelia al metal, arrivando a fondere insieme gli stili.

L’ascolto dei 53 minuti (durata totale del lavoro) risulta davvero godibile. Le architetture delle singole tracce sono progettate bene, e l’esperienza di ascolto scorre fluida. Il gruppo dimostra abilità nella gestione dei lunghi blocchi musicali senza cadere troppo nella ridondanza, né nell’eccesso virtuosistico.

Da lodare gli arrangiamenti di tastiere che riescono a spaziare verso sonorità eterogenee, evitando di soffermarsi unicamente su quelle tradizionalmente legate al genere, affiancati da una chitarra squisitamente rock-blues.

Di notevole fattura le parti corali congegnate dal trio, che risultano mediamente più interessanti di quelle solistiche.

Qualche piccolo accenno di critica alle scelte vocali, stilisticamente un po’ troppo retrò, che  inducono  una sensazione di “già sentito”, sorpassato (si vedano ad esempio “Contrappunti d’autunno” o “Il viaggio”. Nondimeno, le componenti cantate sono dosate con tale parsimonia da non incidere significativamente sul risultato finale.

L’esecuzione ritmica, inoltre, arriva un po’ rigida e poco sostenuta dal basso, del quale, a tratti, si piange l’assenza (ricordando l’antico adagio secondo cui “il basso si sente quando non c’è”!!!). Nel missaggio, la cura dedicata al suono della batteria appare carente di professionalità, cosa che tende a penalizzare l’esperienza di ascolto.

Infine, un appunto sulle tracce narranti. Queste dovrebbero fungere da note introduttive ai brani, come un piccolo vademecum per l’ascoltatore e, magari, anche da area di ristoro tra un pezzo e l’altro. Ma la scelta di inserire i brevi segmenti, certamente consona in un contesto teatrale, all’interno del CD risulta  didascalica e inopportuna. L’alternanza della narrazione italiana con quella in lingua inglese, causa un effetto di “traduzione simultanea” arrecando, a parere di chi scrive, una sensazione disturbante. Avrei tenuto queste note nel solo booklet, evitando di proporle nel CD.

Il gruppo pugliese si presenta ufficialmente con buon album, che nel complesso risulta accattivante e dotato della giusta intensità. La lunga durata dei brani è alleggerita da scelte consapevoli che, salvo qualche eccezione, rendono scorrevole l’ascolto. Il consiglio personale è di evitare (almeno nel supporto audio) le esplicazioni dirette, lasciando  all’ascoltatore il compito di formarsi il proprio viaggio, magari intramezzando i brani “sostanziosi” con brevi intermezzi d’atmosfera.

Andrea GhezziMusical Box © 2020 – Music-Alive – 07.07.2020

Pubblicato da mattia

Commenti

Questo post attualmente non ha commenti.

Lascia una risposta





MODULO DI CONTATTO 

Facci ascoltare la tua demo, se ne hai già una! 

Errore: Modulo di contatto non trovato.

play_arrow skip_previous skip_next volume_down
playlist_play