“Il Tempo dell’Inverso”, l’eclettico talento rock dei Twang nel nuovo full lenght

Arrivano da Torino i Twang e sono attivi come band dal 2016, quando debuttarono a “La Cavallerizza Reale” nella loro città. Solo un anno prima durante un incontro fra Bartolomeo Audisio (Chitarra e Flauto), Simone Bevacqua (voce e chitarra) e Moreno (basso e voce) nasce l’idea di unirsi come gruppo musicale e, poco tempo dopo Federico Mao (chitarra) e Luca Di Nunno (batteria) completeranno il quintetto rock. Alle spalle di ognuno di loro un grande bagaglio di studi ed esperienze fatte sul campo e, dopo essersi formati come band, nel 2017 si apre il cammino discografico con l’EP d’esordio “Nulla Si Può Controllare” e col singolo “La legge del più forte”.
Un curriculum ricco anche di partecipazioni ad eventi di rilievo, tra cui il concorso nazionale “Senza Etichetta”, presieduto da Mogol, che li vede vincitori del premio come Miglior Band.
Le loro più belle performances si sono svolte sui palchi torinesi di locali come: Spazio211, il LAB, le Officine Ferroviarie e nei festival di Tavagnasco Rock, l’Alta Felicità di Venaus, nel contest europeo Tour Music Fest e in Indie a Teatro.
Sui digital stores dal 2 aprile 2021, “Il Tempo dell’Inverso” è il primo album di 10 tracce dei Twang per la Avio Music Records, registrato e remixato presso Imagina Production di Torino, eccezion fatta per la title-track “Il Tempo dell’Inverso” e il brano “Attacco” mixati ai Real World Studios di Peter Gabriel e masterizzati agli Abbey Road Studios, con la supervisione del produttore Alessandro Ciola.
L’intero lavoro possiede influenze, che vanno dal rock and roll al psychobilly, dalla classica al western-sound, con notevoli passaggi di stoner e psichedelia, a dimostrazione di quanto il talento, unito ad estro ed ecletticità, non si possa tenere a freno.
Ognuno dei brani della track-list, è irradiato da questi generi, portando il giusto contributo alle melodie e diventando il viatico per il sound esclusivo dei Twang.
Personalmente, ho apprezzato da subito questo disco per l’atmosfera da saloon respirata, avendo una passione di vecchia data per il country. Il sound mi ha prima incuriosito e poi entusiasmato, perché fresco e studiato.
E dopo aver avuto il piacere di ascoltarli, cerchiamo di capire il mondo dal loro punto di vista.
Il Branco
Una scelta ben ponderata, quella di aprire l’intero lavoro con un brano dalla matrice poco aggressiva.
L’apertura di una batteria decisa è seguita da chitarre distorte in modalità western-sound e i ritmi lenti accompagnano la voce melodica del frontman in un’atmosfera tutt’altro che nostrana. Eppure i testi in italiano non stridono affatto con il genere di derivazione statunitense e ci conducono nella realtà del branco, di chi si adegua a regole dettate da un leader, anche se questo potrebbe significare addentrarsi in una triste realtà: ”Le mani sanguinanti / e sete persistente / la mia pelle / pulsa ardente”. Una volta dentro al gruppo spesso a nulla servono gli sforzi, per cercare di arrestare le follie di chi comanda: ”Qualcuno grida, aspetta / ma il capo non ascolta, non gli importa…”
Frau Blücher
Nel pezzo emergono suoni psychobilly con tracce stoner e, nel secondo caso, di rimando il pensiero va ai precursori Kyuss e agli Sleep. Ma con i Twang i generi vengono integrati in un contesto musicale, arricchito da più contaminazioni. Le parti grezze (musicale e cantata) e la psichedelia, negli anni novanta proveniente da strumenti ancora legati a suoni di dispositivi valvolari, diventano un lontano ricordo e sono sostituiti da synth di nuova generazione e voce pulita. L’immagine suggerita dalla musica è di un raduno notturno, attorno ad un palco allestito per una jam session, dove batteria e chitarre elettriche infuocate danno il via alla serata; pensieri dettati da un’alternanza di emozioni, così come di ritmi, per un pezzo completamente concentrato su Frau Blücher, la terribile governante in “Frankenstein junior” di Mel Brooks. ”Gela il nostro sangue mentre lei ci parla fra nitriti e crepitii / emergon mute grida dalle nostre gole / e sempre più imperiosa / Frau”: una chiara descrizione del personaggio, entrato ormai nella storia del cinema e nel cuore degli amanti del genere comico/horror.
Il Tempo dell’Inverso
Una chitarra cauta accompagna in apertura il vocalist, mentre sul primo refrain si percepisce l’atmosfera bollente con cui proseguirà il pezzo per il resto della durata.
La rock band torinese fa centro con questa terza traccia in lista e title track, già fuori da febbraio scorso, anche per il testo incentrato sulla complessità di vivere e rapportarsi nella società al giorno d’oggi: ”Questo è il tempo dell’inverso / Questo è il ruolo del diverso / Quanto assurdo è il tuo piano / Quanto folle è l’umano”.
Il videoclip del brano, realizzato dal batterista del gruppo Moreno Bevacqua, è una meravigliosa opera audiovisiva d’animazione e una formica rossa ne è l’interprete. Un essere piccolissimo, visionario e dai grandi valori, stanco delle storture degli umani, chiama a raccolta i suoi simili, per cercare di salvare il mondo.
Violento
Si comincia con l’inizio dal sapore western, per poi ritrovarsi nel bel mezzo di un riffing di furente elettro-rock, a conferma dell’attitudine ad immergersi contemporaneamente in più realtà stilistiche.
L’ argomento trattato attraversa l’interiorità dell’ individuo, appesantita da situazioni vissute, contro cui volersi ribellare a volte anche in modo violento: ”Vedo rosso ad ogni passo / e nulla posso farci / voglio sangue ad ogni costo / e non so rinunciarci”. Ma per fortuna rimangono solo intenzioni e conflitti introspettivi, anche se lasciano una grande amarezza: ”E la cosa più devastante / è che non ti ho mai fatto niente / e la cosa che mi fa più male è ciò che sei davvero / sei solo un codardo / sei solo un codardo”.
Colpevole
Cori ad aprire un brano dalle ritmiche più misurate, di grande orecchiabilità e che porta all’intero lavoro una ventata di aria fresca.
L’impronta beatlesiana è ben presente, sebbene i Twang riservino quel sacro rispetto, dovuto ai capostipiti del genere.
“Da questo istante / pretendo ardentemente riscatto / rispetto”: il focus è puntato sul colpevole, che incanta con la dialettica per avere le attenzioni su se stesso. Diventa addirittura secondario sapere di cosa sia reo per chi ne è attratto, vista la capacità di condurre alla sua meta chi ha di fronte: ”Finalmente / anche tu mi ascolti / il tuo silenzio è lancinante / quasi seducente / mi prendi / da parte <colpevole o innocente?> / lo chiedi pur sperando / non abbia fatto niente”.
Attacco
Le chitarre elettriche sono il vero “Attacco” di questo pezzo (non fatevi ingannare dal videoclip, in cui i Twang si divertono a confonderci le idee imbracciando chitarre acustiche), presenti fortemente nell’intro e negli intermezzi di voce e, dulcis in fundo, l’intervento del synth-flute riesce, nel minutaggio finale, a sposarsi perfettamente con il tema rock.
Il testo, che denuncia gli abusi di potere, è incentrato sul tradimento di un leader; la persona in questione gioca sporco e prende il comando, poco dopo aver accoltellato alle spalle il suo predecessore, E come da conferma nei secoli addietro, l’homo sapiens è recidivo nel compiere questi atti: ”Ora è soltanto questione di ore / prima che un altro reclami il timone / e si ripeta ancora…”.
Caverna
I riff acustici di questa traccia sono delle vere e proprie scariche elettriche e, accompagnando l’andamento ritmico, generano un susseguirsi di forti sensazioni. Su una musica cosi suggestiva i Twang riportano un testo carico di incognite: si va verso la percezione di trovarsi nel posto sbagliato, anche se frequentato da persone conosciute:” Mi sfuggono i particolari / per ora mi conviene non tornare sui miei passi / io vi sento e lo so che siete in tanti / ma non vedo che il ricordo delle ombre ora assenti”. E per dare più forza al pensiero ricorre nella stesura l’incipit del Primo Canto dell’Inferno dantesco, accompagnato dalla certezza di un malessere interiore: ”Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi son perso”.
Il Gioco
La particolarità dell’ottavo brano è lo stop della musica, dopo i periodi solo strumentali, per dare pieno campo alla voce, incentrando ulteriormente l’ascolto sulle parole del frontman. “Mai parlare troppo a chi ti parla troppo onestamente / <posso rivelarti tutto quanto: tanto lei non sente>”: siamo di fronte a due persone pettegole, nel momento in cui una delle due è intenta a rivelare all’altra, in modo confidenziale e scaltro, chiacchiere indiscrete sulla vita altrui. Un gesto che innesca meccanismi, spesso disastrosi per la vita del malcapitato, mentre i linguacciuti fingono candore e purezza:”Celi il tuo diprezzo dietro sguardi colmi di creanza / mostri l’innocenza a chi è bersaglio della tua violenza / e quando pensi di poter far del bene / ti torna in mente che la folle distruzione è ben più semplice e gratificante”.
Esilio
E’ l’unico brano strumentale dell’album ed ha una partenza armoniosa, grazie all’assolo del flauto. Accantonato per questa volta lo stoner rock, la band torinese pesca invece nella classica. Appena pochi periodi e dalle chitarre si viene catapultati in atmosfere, che suggeriscono assolati paesaggi Far-West con tanto di cow-boy dagli stivali impolverati. Nessun colpo di testa con cambi ritmici; i Twang proseguono in western mood per tutta la durata del pezzo e sembra vogliano celebrare quelle musiche primigenie, partorite dal maestro Ennio Morricone.
Il Pirata
Un riuscito cambio di rotta musicale per il singolo di coda, mantenendo salde le radici nel rock, con cui la band si insinua tra le influenze della musica d’autore italiana, ondeggiando tra Gaber, Capossela e Bennato: in primo piano la chitarra acustica (sempre presente) e la voce del frontman, accompagnate dai cori e dalle corde di un violino.
Un immaginario pirata-fantasma è il protagonista della storia, ambientata in un supermercato.
Nel costruire la mastodontica struttura, qualcuno ha seppellito il corsaro nelle fondamenta: “E’ il fantasma / del supermercato / giace sepolto / dov’è stato costruito…” . Sotto forma di spirito si aggira adirato tra scaffali e reparti in preda all’ira, pronto a sguainare la sua spada per pareggiare il conto: “Il nostro amico / ha un conto in sospeso / ha un occhio attento e un grande fiuto / chi lo incontra / è certo che non se ne accorgerà / se fossi in te farei attenzione / alla sua spada”.
Dopo le suddette analisi non resta molto da aggiungere, tranne che produzione, songwriting, immagine e musicisti portano l’intero lavoro ad un livello davvero alto. Al termine dell’ascolto si può solo sperare (restrizioni e regole permettendo), che i cinque rockers piemontesi tornino quanto prima, a far vibrare i palchi e, questa volta, di tutta Italia.
A cura di Elisa Iacono – Music-Alive 2021
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