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Luca Burgalassi – “Come to my world” – recensione di Andrea Ghezzi

Music Alive | Gennaio 26, 2021

Luca Burgalassi è un chitarrista, polistrumentista e cantautore livornese, trasferitosi in Virginia (USA) nel 2016. Attivo fin da giovanissimo nelle attività musicali, si diploma presso l’Accademia Lizard di Fiesole con Giovanni Unterberger, per continuare gli studi di jazz e improvvisazione con i Maestri Franco D’Andrea, Franco Morone, Armando Corsi, Steve Trovato, Mike Stern e Franco Mussida.

Anche sul palcoscenico si toglie soddisfazioni. Una su tutte quando nel 2017 ha l’onore di aprire il concerto di Little Steven al Pistoia Blues.

La sua creatività prolifica è testimoniata dalla realizzazione di ben 4 album in cinque anni. L’ultima uscita, di cui si parla, è dell’ottobre 2020: “Come to my world”.

Il titolo stesso rappresenta l’invito a seguire l’autore “nel suo percorso musicale ed emotivo. Un mondo fatto di tante sfaccettature e colori diversi, un viaggio interiore”. Un mondo intimo, certamente influenzato dalla pandemia, che ha condizionato contenuti e realizzazione. Gran parte del lavoro infatti, prende forma durante i mesi di marzo/aprile scorsi che tutti ricorderanno. Inevitabile, dunque, che il contesto richiamato forgiasse un particolare stato d’animo che troviamo distillato negli 11 brani presenti.

Come l’autore stesso racconta, l’esperienza americana permea l’intero album. Un ibrido che trae dal blues più tradizionale, con fortissime tinte countryfolk. Gli stessi strumenti utilizzati rappresentano in toto gli stili di riferimento (chitarre elettrica ed acustica, slide guitar, mandolino, banjo, violino, armonica, tanto per nominarne qualcuno). Non manca qualche presenza elettrica che poggia su una solida base acustica.

Sarebbe ingiusto, però, limitarsi a tali etichette. Pur mantenendo radici ben salde nel terreno folk-blues,  il Burgalassi si concede qualche escursione in territori altri, discostandosi di quando in quando dalla rotta principale.

In quest’ottica, accanto ai brani fortemente ispirati al blues che caratterizzano il sound dell’opera, troviamo qualche sorpresa suggerita da influenze ulteriori. Mi riferisco, ad esempio, a “Climb up high”. Ispirato alla prima missione sulla Luna, è un riferimento all’interminabile umano tentativo di superare i propri limiti (la progressione armonica in costante crescendo nel bridge è metaforica). Una bellissima intro di pianoforte dal sapore misterioso è solo l’inizio del delicato ma intenso viaggio.

Un accenno anche per “Notte”, dove il pianoforte e gli archi registrati a distanza dalle ospiti Valentina Sorbera e Molly Kirsten, evocano una malinconica distensione. Splendido intermezzo, forse troppo effimero.

In chiusura troviamo altri due esempi che si discostano dal seminato “stricto sensu”. Si tratta di due brani quasi contrapposti, che simboleggiano “la ricerca di un dialogo tra cultura italiana e mediterranea e le grandi opportunità del Nuovo Mondo”. “Tidewater” vede la partecipazione di più musicisti americani, coi quali si inneggia alla libera collaborazione e alla dialettica culturale. Una traccia che giunge divertente, sullo stile Jazz Manouche, a metà strada tra “It don’t mean a thing” di Duke Ellington e “Crapa pelada” di Gorni Kramer. Più sommesso e malinconico appare, invece, “Home”: un acustico strumentale dal sapore mediterraneo. Si scorge il lontano omaggio alle proprie radici, che ogni migrante possiede inevitabilmente come parte del proprio DNA. Una chiusura appassionata.

Le liriche, cantate in inglese, contengono la carica del viaggio interiore svolto da Luca, fortemente condizionato dalle terribili circostanze emergenziali. La contingenza non incupisce però il contesto musicale, che arriva cristallino e dotato di gradevole leggerezza.

Luca Burgalassi non rivoluziona la musica con un capolavoro di originalità: non ne ha l’intento. Destreggiandosi abilmente tra innumerevoli strumenti, egli condivide le sue emozioni segnate da un momento storico drammatico, rivolgendosi all’ascoltatore con un linguaggio divenuto ormai universale. Attingendo a piene mani dalla tradizione d’oltre oceano, seppur riservando qualche attenzione ad altri luoghi, concepisce un lavoro convincente, strutturalmente coerente, immediato all’ascolto e ben prodotto. Dati i tempi, non è cosa da poco…

Andrea GhezziMusical Box © 2021 – Music-Alive24.01.2021

andrea.ghezzi.mb@gmail.com

Crediti:

Musiche, arrangiamenti e produzione: Luca Burgalassi

Registrato e mixato in Yorktown, VA, USA nell’estate 2020

Master: Kim Person presso Wistaria Studio, Yorktown, VA, USA

Copertina, artworks e libretto: Luca Burgalassi

Luca Burgalassi: voce, chitarre acustica ed elettrica, chitarra 12 corde, slide guitar, resonator guitar, mandolin, banjo, fisarmonica, violino, armonica, basso, piano organo, batteria, percussioni.

Molly Kirsten: archi in “Climb up high” e “Notte”

Rob Oliver: armonica in “The real me”

Michael Glazz, Pamela Jo, Bobby Black Hat: ospiti in “Tidewater attitude”

Michael Glass, Pamela Jo, Bobby Balck Hat: ospiti in “Tidewater Atitude”

Pubblicato da Music Alive

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