Pappa: dopo “N’ARTRA BIRRETTA” ecco l’intervista

“N’artra biretta” è il nuovo singolo di Pappa, un pezzo chenasce dalla necessità di scardinare i classici luoghi comuni della provincia italiana, in questo caso Latina, dove è molto semplice imbattersi in una quotidianità che fa fatica ad andare oltre la retorica del “QVANDO C’ERA LVI”. Girovagando per le strade di Latina mi sono divertito a fare delle domande e raccogliere delle testimonianze che ho deciso di esasperare nel brano per aggiungere un pizzico di goliardia e leggerezza. Certamente, l’ironia è stata fondamentale per affrontare tematiche delicate come questa e rendere il brano più leggero anche se potrebbe essere frainteso. Il mio ruolo in questo caso sicuramente non vuole essere quello di educatore, tant’è vero che il brano non è un manifesto politico, piuttosto ho cercato di ironizzare su una forma mentis e una retorica sbagliata.
Qual è stato il momento che ti ha fatto dire “voglio fare musica”?
La prima volta che sono salito su un palco a cantare le mie canzoni, sarà stato il 2011/12.
Ne ho avuto la certezza ufficiale quando ho presentato il mio primo disco “Sottoscala” nel 2017, il concerto più bello della mia vita. Voglio vivere una vita sul palco con una chitarra. Non chiedo troppo alla fine.
Raccontaci “N’artra biretta” in qualche riga.
È venuta di getto, in mezz’ora avevo una prima bozza completa voce e chitarra. Ho solamente smussato un po’ il testo in alcuni punti per avere un quadro più nitido alla fine. Abbiamo affidato la produzione ad Alessandro Canini, per me un vero onore lavorare con lui considerando che veniva dalla produzione degli ultimi lavori di De Gregori e Venditti.
Ha tirato fuori tutto quello che avevo nella testa.
Volevo un pezzo che parlasse del posto in cui vivo, della gente che vive la provincia con un’attitudine che strizza l’occhio al passato, anche troppo forse. Allo stesso volevo un ritornello che abbattesse tutti i muri e che unisse le voci in un unico coro.
Ed eccola qui.
Che cosa ti manca maggiormente della vita pre-covid?
I concerti, abbracciare le persone a cui voglio bene dopo un concerto, il cantare sottopalco tutti attaccati, il poter riconoscere il sorriso vero delle persone senza più ansia da mascherina, questo.
Qual è l’aspetto della tua musica di cui vai più fiero?
Sarò sincero, non saprei dirtelo.
Posso dirti però che mi rendo conto quando ho tra le mani il brano più adatto a me, che racchiude il tutto in un linguaggio chiaro e diretto, senza filtri.
Quando capita è sempre un bel traguardo.
Qual è invece il tuo tallone d’Achille, l’aspetto su cui senti di dover migliorare?
Stimo e ammiro quelli che riescono a tirare fuori una o due canzoni al giorno, un po’ allo stesso tempo mi mettono ansia. Vorrei essere più costante con la scrittura però. Ho periodi dove non forzo troppo la mano e magari per un paio di settimane il foglio resta bianco. Demoralizzante ma allo stesso tempo mi rendo conto che sto solo immagazzinando cose da raccontare.
Come speri di continuare la tua esperienza musicale?
Su un palco, con i ragazzi della band, il pubblico, il fonico, i free drink, il backstage, le interviste, le canzoni scritte solo come autore per altri artisti. Una vita di musica insomma.
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