menu Home chevron_right
Articoli, Recensioni ed Eventi. Ecco tutto quello che sta succedendo...

Vinile vs digitale: due mondi diversi per ascoltare la musica

Music Alive | Luglio 4, 2020

Vinile, CD, MP3, Youtube, Spotify…ovvero: tanti strumenti diversi per lo stesso scopo: ascoltare la musica.

L’invenzione del grammofono e del disco fonografico ad opera di Emile Berliner nel 1889, fu il primo passo che rese possibile il godimento della musica direttamente in casa. Precedentemente, a meno di possedere uno strumento e saperlo suonare, od ancora, di ospitare nel proprio salotto una piccola orchestra, l’unica possibilità era di recarsi nei luoghi pubblici adibiti a sale concerti.

Oggi diamo per scontata la facoltà di sentire i nostri gruppi preferiti in qualsiasi momento della giornata ed in ogni luogo si voglia. Lo sviluppo di internet e degli smartphone ha ulteriormente ampliato le possibilità, ma l’invenzione del primo supporto capace di riprodurre registrazioni direttamente nelle abitazioni private, fu un cambiamento epocale, del tutto rivoluzionario, che cambiò per sempre il modo di fruire della musica, oltre ad avere grandi ripercussioni nei contesti culturali e sociali.

Il grammofono e i dischi in gommalacca, vennero soppiantati verso la fine degli anni ’40 dal giradischi e dagli LP in vinile, tecnicamente più precisi, durevoli e, soprattutto, qualitativamente più fedeli. Grazie allo sviluppo commerciale planetario di questi strumenti, intere generazioni hanno potuto far suonare in casa propria intere orchestre, jazzisti, rocchettari, cantanti, musicisti di ogni epoca, genere e tipo.

Negli anni ’90, la comparsa della tecnologia del Compact Disc (ad opera di Philips-Sony), cambiò nuovamente le abitudini. Il nuovo sistema digitale si presentò come lo step successivo per la riproduzione sonora: minor ingombro, niente fruscii, ed una fedeltà acustica senza precedenti, oltre alla comodità di poter selezionare con immediatezza le tracce desiderate.

I collezionisti si ricordano l’avvento del CD perché in quegli anni i negozi di dischi si sbarazzavano dei vinili a prezzi irrisori per fare spazio ai nuovi arrivati. All’improvviso, il canto delle lodi al nuovo supporto divenne unanime, al pari del disprezzo nei confronti dei 33 giri. L’arma definitiva fu l’attrattiva tecnologica del laser, che, come una spada Jedi, diede il colpo di grazia al “sorpassato” giradischi.

Poi venne l’epoca degli MP3: qualitativamente inferiori, ma facilmente trasferibili via rete e utilizzabili sui walkman di nuova generazione: gli Ipod.

Chi non ricorda gli anni di Napster, di Emule, e la “sindrome da accumulo” che procurava notti insonni a “dowloadare” più canzoni possibili? Chi non ha provato quell’eccitante soddisfazione di ottenere migliaia di brani, senza neppure uscire di casa?  Hard disk talmente pieni di album che non sarebbero bastate tre vite per sentirli tutti! 

Percorrendo la strada della “smaterializzazione”, sono comparse, poco alla volta, le innumerevoli piattaforme di streaming come Spotify, Tidal, Deezer: enormi database contenenti milioni di brani digitalizzati tra i quali scegliere a piacimento. E che dire delle “pennette” USB che ormai hanno rimpiazzato i CD anche nelle auto…

Fu così che, nelle case, scomparvero intere collezioni di dischi fino ad allora mostrate orgogliosamente sui robusti scaffali, per cedere il posto ad altri tipi di soprammobili muti.

Paradossalmente, nei giorni attuali, in cui la realtà virtuale prende il sopravvento su quella materiale, si sta assistendo ad un fenomeno in controtendenza: la rinascita del vinile, o meglio, si potrebbe dire, la sua rivincita.

Forse archiviato troppo frettolosamente, per via dell’accecante bagliore dei dischi laser, da qualche anno il 33 giri è rispuntato nei negozi in maniera sempre più crescente. Contrariamente a quanto accaduto negli anni ’90, il vinile ha, poco per volta, riconquistato i suoi spazi a spese del CD che subisce un generale calo di interesse (e di prezzo).

La rinnovata passione per i 33 giri è evidente. Sono tantissimi i titoli ristampati disponibili nei negozi specializzati e nelle edicole, il mercato dell’usato è vieppiù attivo, l’industria dell’HiFi ha ripreso a progettare e produrre giradischi, in internet proliferano le compravendite, e soprattutto i prezzi sono in netto rialzo. A coronare ciò, nei film e nelle serie televisive recenti, è sempre presente una scena celebrativa di un vinile sul piatto (fateci caso).

E’ inutile negare che il disco a microsolco abbia un certo appeal,  la grandezza ne valorizza la copertina che diventa argomento di conversazione, i delicati gesti preparatori all’ascolto assumono un carattere rituale. Lo stesso girare incessante del piatto da cui scaturiscono i suoni rappresenta un’esperienza dal sapore mistico.  Per queste e per altre ragioni, le generazioni cresciute col CD e col digitale, stanno (ri)scoprendo questi oggetti misteriosi ed affascinanti. Molti ne parlano, tanti li desiderano.

In tutto questo gran parlare, si è fatta strada l’idea secondo cui il vinile sia il modo “migliore” per ascoltare la musica: più caldo, più vibrante, più emozionante del sorpassato (!!!) Compact Disc.

Molte idee e molta confusione in proposito. Per cercare di chiarire qualche concetto chiave sull’argomento, ho pensato di interpellare un professionista del settore: Stefano Tasso, audiofilo che da 53 anni lavora nel commercio di HiFi di alto livello nella cittadina di Macerata.

Sia chiaro che quando si parla di audiofilia si entra in un territorio minato, dove è facile assistere a scontri epici fra gli esperti. Un universo di correnti di pensiero contrastanti che possono azzerare ogni minima certezza, e dove è facilissimo farsi dei nemici al pari di argomenti come calcio, politica o religione!

Onde evitare troppe inimicizie (!), tengo a specificare che questo mio scritto non vuole risolvere i conflitti tra le diverse opinioni tecniche, ma solo fare un po’ di chiarezza sui concetti di base, in soccorso a qualche neofita interessato all’argomento.

Di seguito la trascrizione del nostro colloquio.

Andrea Ghezzi: A cosa è dovuta questa ripresa così prepotente del vinile secondo te?

Stefano Tasso: Secondo me è ripreso perché tanti ragazzi hanno sempre ascoltato musica con gli MP3, col cellulare, con Youtube e simili, ignorando l’evoluzione del digitale. Bastava che si sentisse. Ma nel momento in cui qualcuno ha ricominciato ad ascoltare l’alta fedeltà, si è accorto che la musica, in questo modo, rappresentava un’esperienza del tutto diversa. L’ascolto in vinile, per via del la sua risposta in frequenza, risulta più ampio, più esteso, meno compresso dell’mp3. C’è stata l’epoca in cui bastava avere tanti file, senza badare alla qualità, senza chiedersi se la riproduzione di quei file contenesse in effetti tutta la ricchezza sonora del disco. Considera che quello che si sente in rete è quasi sempre in formato mp3, nel quale vengono persi tanti dettagli a causa della compressione applicata!

A.G.: A proposito di questo, molte persone hanno l’idea che il vinile sia qualitativamente migliore del digitale. Vorrei capire, col tuo aiuto, se questa idea è fondata o se si tratta solo di un’esperienza differente.

S.T.: E’ difficile spiegare questa cosa. Se si guarda al lato tecnico, il vinile ha un segnale compresso, non ostante sia un supporto analogico (si passa dagli oltre 100dB della realtà a circa 60/70dB): Inoltre viene equalizzato con l’uso dello standard RIAA (per compensare le frequenze basse che occuperebbero troppo spazio fisico nell’incisione del solco, limitandone eccessivamente la capacità sonora). Tuttavia ha un suono caldo e rotondo, che rispetto a certi digitali risulta  più bello, più emozionante.

Se però consideri che uno studio di registrazione, oggi, registra a 24 o a 32 bit, ed abbiamo la possibilità di ascoltare in casa la riproduzione fedele dei master originali, ci si dovrebbe chiedere: è meglio sentire il file originale così come registrato in studio, o il vinile che è stato compresso ed equalizzato?

A.G.: Ti riferisci al CD?

S.T.: Attenzione, anche il CD ha dei limiti. Pur avendo una dinamica di circa 100dB, molto superiore al vinile, ha un campionamento in frequenza a 44.1KHz a 16bit, che risulta inferiore ai 24 o 32bit dei file digitali  registrati a 56 o 90KHz.

Rispetto al vinile il CD rimane più freddo… Però poi bisogna vedere quale lettore CD viene utilizzato, perché in base al DAC (convertitore digitale-analogico che serve a trasformare il flusso dei dati digitali provenienti da un CD in un segnale analogico pronto per essere amplificato) e alla propria meccanica, ogni lettore  suona in modo completamente diverso…

A.G.: Prendiamo come riferimento un impianto di fascia media…

S.T.: Io preferisco un buon CD al vinile, perché per portare su di livello la resa di quest’ultimo, bisogna spendere molto. Ci vuole una buona testina, un buon piatto… I giradischi attuali suonano molto bene, ma il costo è più alto. In più c’è il discorso legato all’usura del disco che si rovina gradualmente, ascolto dopo ascolto. Il CD puoi sentirlo quante volte vuoi senza problemi di usura.

A.G.: La differenza tra il vinile ed il digitale è solo una questione di “guerra” ideologica  tra analogico e digitale o c’è altro?

S.T.: E’ difficile risponderti… è come confrontare un’auto storica con un’auto attuale. La prima ha il suo fascino per chi gradisce un determinato stile, ma non è confrontabile con quella moderna. La stessa cosa avviene nel nostro campo. Il vinile è un supporto risalente a più di 50 anni fa… si continua a  sentirlo per motivi più affettivi che concreti, e perché le persone non conoscono ancora il digitale a 24 o 32 bit.

In sala di registrazione sono 30 anni che si registra in digitale… Ma questo mondo  viene spesso confuso con l’MP3, con Youtube: con la musica di internet. In questi casi il vinile fa una differenza enorme. Però, anche col giradischi più sofisticato che vibra meno, ha un braccio più preciso, una testina che legge meglio, i limiti del supporto restano: i 60 dB, l’equalizzazione RIAA, l’usura del disco, i problemi di antiskating non vengono risolti. Qualche risultato migliore si può ottenere con i dischi da 12 pollici a 45 giri: sfruttando più spazio nei solchi ottengono maggiore dinamica e una qualità più alta, ma contengono meno musica. L’alta definizione digitale è tutt’altra cosa, e quando si comincia ad ascoltarla, difficilmente si torna al vinile!

 Infine molti appassionati trovano che le nuove ristampe dei dischi suonino peggio o molto peggio di quelle precedenti.

In definitiva, ascoltare musica in casa è un compromesso. Nell’impossibilità di mettersi in casa un’orchestra vera che suoni, ci si attrezza con queste strumentazioni per creare un punto di ascolto. In questo compromesso, la dinamica più ristretta del vinile non mi sembra più appagante di un bel 24 bit supportato da un buon DAC e da una giusta amplificazione.

A.G.: C’è un genere musicale in particolare che evidenzia i limiti, o al contrario esalta le caratteristiche del vinile e del digitale?

S.T.: La musica classica, ad esempio, evidenzia tutti i limiti del vinile. Per via della compressione e della ridotta dinamica, un “pianissimo” di pianoforte si sentirà più forte, mentre un pieno d’orchestra risulterà più sommesso… La musica classica in vinile suona decisamente peggio rispetto al digitale poiché quest’ultimo rende maggiormente i cambi di dinamica caratteristici del genere. Poi sono d’accordo che l’ascolto in CD risulta più “freddo”, ma nell’alta definizione a 24 o 32 bit viene mantenuta la stessa qualità della registrazione originale, rendendo apprezzabili tutte le sfumature di esecuzione che donano grandi emozioni all’ascoltatore. Nella musica leggera queste cose sono meno evidenti, ma il discorso vale ugualmente. Però sappi che scrivendo queste cose ti farai molti nemici!!

A.G.: Chi vuole entrare nel mondo dell’HiFi abbandonando cellulare e auricolari, a quale spesa va incontro?

S.T.: Con una cifra attorno ai 900€ si può comporre un discreto impianto  (giradischi, amplificatore e diffusori) che ti fa emozionare quando ascolti musica. Poi, poco alla volta, si possono sostituire i singoli elementi aumentando il livello, o aggiungere altri pezzi.

A.G.: Quale elemento si può aggiungere al proprio impianto HiFi per ascoltare l’alta definizione digitale, andando oltre alla qualità del CD?

S.T.: Uno streamer di rete o media player dotato di un convertitore DAC a bordo, che può essere collegato online per andare ad ascoltare musica nei siti che offrono questi tipo di servizio in alta definizione, ma si può anche scaricarli tramite un computer che poi si collega a questo apparecchio per l’ascolto. Alcuni tra i siti che offrono questi file sono, ad esempio: Qobuz che presenta un campionario di 170.000 album in qualità Hi-Res 24 bit,  192KHz, oppure HDTracks, uno store che vende musica sia in formato master audio in HD che in formato CD. Tidal offre brani sia in qualità CD che HD sfruttando un sistema particolare. Spotify è quello più famoso, ma trasmette in qualità mp3 a 320KBps: la qualità più alta per un file mp3, ma a livello qualitativo non è paragonabile.

A.G.: Per un gruppo musicale che oggi vuole produrre un album, ha senso stampare il vinile?

S.T.: Ha senso perché adesso va di moda!

Si ringrazia Stefano Tasso di Tasso elettronica (Macerata) per la cortese disponibilità.

Andrea GhezziMusical Box © 2020 – Music-Alive

Pubblicato da Music Alive

Commenti

Questo post attualmente non ha commenti.

Lascia una risposta





MODULO DI CONTATTO 

Facci ascoltare la tua demo, se ne hai già una! 

Errore: Modulo di contatto non trovato.

play_arrow skip_previous skip_next volume_down
playlist_play